Saturday 23 April 2011

Buon Compleanno

Il pavimento è pieno di spazzatura e vestiti sporchi, carcasse di tempo sprecato e fogli incrostati con residui vari, desideri fugaci, disattenzioni, cibo. Stamattina ho fatto finta di sognare di avere un rapporto sessuale con te principalmente perché mi sembrava ci fosse l'atmosfera giusta per farlo. Ma, non preoccuparti, non ha funzionato.
Ho sottolineato i simboli della mia distruzione, tanto per non farti dire che mi trovi bene la prossima volta che mi senti o che mi vedi attraverso uno schermo. Magari non si vede ma io sento che la mia pelle assomiglia ad un deserto, il paesaggio disatrato che si ha dopo una catastrofe nucleare, brullo, appassito, solo. Si è certamente scordata l'ultima volta che una carezza è piovuta su di essa, dissetandola.
Qua tutto procede con il tempo in una sola direzione. Quando mi sembra che io stia attaccato ad uno spazio contiguo a lasciarmi corrodere dall'usura di tutto il resto. Come se nell'abbandono ci fosse una qualche dignità nascosta.
Immagino faccia freddo fuori, il cielo è nuvoloso. Ho fotografato la mia stanza come documentazione , non so a che punto del grafico sono arrivato lasciandomi andare fino a qui, ma ho abbastanza fiducia di aver raggiunto un nuovo record. E' così tardi che per me sembra quasi mattina e i miei pensieri né pesanti né leggeri non se ne volano via così come non mi trascinano da nessuna parte. Sono pensieri non pensati, attendono il loro turno da tempo, immobili. E nel mio sbadiglio ritrovo la gioia dei batteri che si muovono tra i miei denti, numerosi come le briciole della crosta di pane che innondano la mia scrivania. I miei coinquilini si domandano che fine abbia fatto. Io, d'altrocanto, preferisco non saperlo.

Tuesday 1 March 2011

sei sempre in tempo finché non lo sei più

accarezzando il bordo del bicchiere, la punta delle dita che sobbalza ad ogni incrostazione come se fosse la fine di un vinile.
Una sensazione calda dentro il petto, come uno strappo muscolare. Ciglia chiuse, appesantite dalla polvere, dal sonno, dal tempo. La sedia che dondola il tuo corpo, il rumore dei tessuti che sfregano con la pelle, il battito sempre più leggero all'interno del mio polso.
Fuori sirene, cartacce, un frastuono ininfluente, movimenti d'aria, raggi di sole. Lontano da qui, da me. Da questa apnea soffice come una ricaduta e violenta ed improvvisa come un'emorragia.



ed io che pensavo di star superando il problema.

Friday 6 February 2009

L'unica cosa giusta da fare sarebbe prendere un fucile ed uccidervi tutti

E forse sbaglio se, così facendo, invece di colpire te, colpisco me stesso.

Sunday 16 November 2008

ANGOLI

La tovaglia scivola giù dal tavolo portandosi con sé tutte le stoviglie
tutto a rallentatore
il contatto della testa sul cuscino quando ti stendi,
questo mi ricorda la rugiada posata sulla punta delle mie dita
prendi un respiro e trattienilo
inghiottiscilo, facci amicizia
raccontagli in un attimo le tue disavventure, i tuoi problemi col tempo
pensa che quando dovrai lasciarlo andare via, lui ne soffrirà

l'assordante rumore della falciatrice elettrica
ha il sorprendente potere di rendere la mia voce muta
boccheggio
anelli di fumo che si scompongono nel cielo azzurro
odore di erba tagliata
odore di cloro e creme solari
pioggia leggera che non ti bagna e non fa rumore
ignorata perfino dalla tabella di marcia elettorale quotidiana del sole
impaurito, triste, infelice, a testa alta
a testa alta
come i pesci attaccati alla superficie dell'acqua
in cerca di plancton agli angoli degli acquari di plastica spessa.

Vorrei che il mio lavoro consistesse nel collezionare elementi infiniti
raccogliere tutta la polvere dalle strade del mondo
e ascoltare la storia di ogni singolo granello
accartocciare pagine web come fazzoletti sporchi
e rinchiudercisi dentro senza piangere
pagare le proprie colpe cancellando ricordi indelebili
accantonati in scomparti e referenze ordinatissime
aprire gli angoli silenziosi e scoperti
ricoprirli con sfoghi brillanti

e poi mi chiedo
il giorno in cui esisterai,
potrò baciarti?

Friday 10 October 2008

Gossip dall'ippotalamo(Puntata 1; Coscienza fuori posto)

-Perchè sbuffi? Cos'è successo? C'è qualcosa che devo sapere? C'è qualcosa che è andato storto?
-Ma no, ma no, sono solo un pò preoccupato.
-E da cosa?
-Non ritrovo la coscienza, e mi sento che stavolta sarà difficile rimetterla qui, nel suo posto, nel posto che gli spetta. Stavolta non è come le altre volte, una semplice caduta e la ritrovavi sotto il comodino, sotto il letto o addirittura sotto le coperte che ronfava orgogliosa sognando di prendere il trofeo della coppa nascondino spirituale 2008, no! Stavolta è qualcosa di serio, per questo sono preoccupato.
-Vedrai che si risolverà tutto.
-Lo spero, lo spero, fai solo che mi capiti per le mani uno di quegli spiritelli cattivi dei sensi di colpa e gli faccio vedere io.
-Sei troppo duro con loro, poveri ragazzi, seguono solo la loro natura.
-Sì, ma a forza di fare azioni avventate finiranno per metterci tutti nei guai, quando ero giovane io mi ricordo che ero più attento.
-Quando eri giovane tu era un'altra storia, i problemi di coscienza ancora non erano iniziati, nemmeno aveva un posto la coscienza figurati!
-Sì forse hai ragione, certo che ne abbiamo viste delle belle noi due eh?
-Ci puoi giurare vecchio mio ci puoi giurare. Ma dimmi secondo te qual'è il motivo che li ha spinti stavolta?
-Guarda, ci metto la mano sul fuoco, che è stata L'Insicurezza, che l'ho vista stamattina mentre chiudeva in fretta lo spiraglio della porta per nascondersi, vecchia ciabatta spettegola, ha paura di tutti e poi va a raccontare in giro ogni cosa che le giunge all'orecchio..
-Sì nemmeno a me sta simpatica ma bisogna ammettere che paga l'affitto in anticipo con regolarità da statista
-Eh, lo so, se non fosse statio per questo sai da quanto tempo avrei spronato Fratello Coraggio a cacciarla di casa una volta per tutte? Ma, niente, per quanto riesci a trovare il modo di metterla alle strette, lei ritorna sempre con un cavillo, anziana malefica!
-Però sai bene che spesso non agisce da sola, chi l'avrà spinta questa volta a fare baccano e a recrutare quei tre ragazzacci dei sensi di colpa?
-Penso che ci sia di mezzo l'inconscio...però, mi raccomando, è una mia opinione eh, acqua in bocca!
- Sì, sì tranquillo, lo sai di me ti puoi fidare, ma come mai pensi ci sia di mezzo l'inconscio?
- Ah, non lo sai? non hai sentito cos'è successo ieri notte, nella stanza dei sogni?
-No
-(con fare sospettoso dopo aver guardato a destra e a sinistra, bisbigliando)...pare che lei sia tornata...
-NO!
-Sì, io non ti ho detto niente eh!
-Non ci credo! Ma come è successo sai particolarità? Gli scienziati della Razionalità hanno analizzato le immagini? Si sa cos'hanno decretato?
-Guarda quello che so io proviene da fonti indiscrete, perchè, come puoi immaginare, ancora il dipartimento fa finta di niente, però pare che lui si vorrebbe ricongiungere ma la parte lesa lo impedisce.
-Per fortuna! A me quella stava proprio qui, con tutto quello che ci faceva passare!
-Eh sì è vero, però ogni tanto ci si divertiva eh!
-Sì, ma a quale prezzo! Mettere tutto in dubbio, rifare tutti i certificati, mi sono venuti i calli alle mani a controllare la provenienza corretta per ogni lacrima eh, tempi duri, speriamo che queste vacanze siano più leggere...
-eh quello è un brutto periodo, speriamo ben..attento che passa il controllo!
-Buonasera custodi
-Buonasera Direttore!

Monday 15 September 2008

Blu come il Blues


Dedicata ad Isabel, a John e ad Albert.

E' consigliata la lettura con questo sottofondo musicale.



Miriam ha le mani a conca, per coprire la faccia, per sostenerla. Un dolore cupo si sta trascinando via tutti i suoi sentimenti, lasciando il cuore a battere, da solo. Ha appena avuto una notizia orribile, una notizia a cui stenta a credere.
Si tira su con le lacrime che le scedono sulle gote, tenta di tenere lo sguardo fisso negli occhi della persona che ha davanti ma non ci riesce.
O almeno, questo è quello che immagino io. Non so niente della notizia che ha appena ricevuto la ragazza che sto guardando, non so nemmeno se si chiama Miriam, ma per la canzone che sto suonando adesso lei è Miriam e sta piangendo perchè al posto di suo marito ha trovato un letto vuoto.
Il tintinnio di una monetina mi risveglia, giro la testa e vedo una signora anziana che ha voluto essere gentile, le faccio un sorriso, chino il capo, guardo per un attimo la finestra che stavo guardando prima e noto che Miriam non c'è più. Sento il vento che fa muovere le foglie della quercia che mi sta dietro. Inizio a cantare.
Oggi sono tre anni che suono Blues di fronte a quest'ospedale. E' facile, traggo ispirazione dalle persone che vedo passare e improvviso quello che mi viene in mente su di loro.
Iniziai poco dopo la morte di Anna, ero talmente abituato a venire a trovarla ogni giorno appena staccato dal lavoro che il dover rimanere a casa rendeva le mie pene ancora più grandi, più sottolineate, più cattive.
Dovevo fare qualcosa, non dormivo mai, stavo perdendo il lavoro, iniziando a bere, lasciandomi andare. Così decisi di riprendere in mano la vecchia chitarra. Si rivelo una cura perfetta, non avevo dimenticato tutto, ero solo un poco arrugginito e riniziare fu facilissimo, mi misi a capofitto a suonare scale e giri. gli esercizi mi tenevano impegnato e non mi permettevano di rimanere fermo a soppesare le colpe e a contrapporle ai cosa avrei dovuto fare. Eppure stare in casa mi intristiva. Per quanto mi concentrassi sulle canzoni sentivo le ombre cadermi addosso, pesanti.
Avvenne un giorno, per caso. Era stata una giornata particolarmente faticosa, era un giorno afoso e avevamo dovuto catramare il soffitto di un capannone in costruzione. Ero nero, sporco, stanco, con le gocce di sudore che mi scintillavano sulla carne per quanto cercassi di asciugarmele. I polmoni mi facevano male, forse per ricordarmi cosa avevo inalato tutto il giorno. L'illuminazione mi venne a fine giornata, dopo essermi cambiato, dopo che uscì dal deposito, molto dopo.
C'era un paesaggio stupendo e si stava benissimo, il sole stava tramondando, nell'aria c'era una piacevole calura serale e il fieno lanciava lunghe ombre per tutto lo sterminato campo che mi stava davanti. Il cielo era un misto di colori, rosa e azzurri si mischiavano e le poche nuvole stanche sembravano dirigersi all'orizzonte come se fosse il letto su cui riposarsi. Sentì una stretta allo stomaco e mi ricordai che avevo la chitarra nel retro del mio furgone. Salutai gli altri e mi avviai verso casa.
Guardavo la strada ma era come se non la vedessi, pensavo ad Anna, a come mi mancava la sua pelle, il suo odore, tutto di lei. Pensavo a Milly e a Dean, i nostri discorsi, i nostri sorrisi, cose sparite tempo fa. Non so per quale motivo ma sentì di dovermi fermare. Avevo fame. Dopo essere rimasto un attimo in silenzio tolsi le chiavi dal cruscotto, aprì la portiera e scesi dal furgone. Me lo ricordo come fosse ieri. Notai che c'era troppa terra sul tappetino e mi ripromisi di dare una lavata al furgone appena potevo. E' strano come mi ricordo ogni particolare di quella scena tranne le parole. Ricordo i miei pensieri, i miei gesti, il colore della terra secca dove poggiai i piedi, il suono della porta quando la aprì, il mio sguardo nel decidere lo sgabello sul quale avrei potuto sedermi; Sgabelli neri e alti, gran parte dei quali vuoti, posti vicino ad un bancone di mogano, probabilmente. Prima di sedermi scelsi il panino che volevo, poi ci ripensai, non mi sedetti e me lo feci incartare; No, forse ricordo male, prima ordinai il bicchiere e poi mi feci incartare il panino. Comunque non importa, alla fine stavo seduto al bancone con un panino caldo tra le mani e metà bicchiere di Whisky che mi teneva lontano la fame e la necessità di azzannarlo subito.
Guardai la cameriera, era giovane e bella, oddio, forse non era bella ma aveva un modo di muoversi che la rendeva affascinante anche leggendo sulla sua faccia la stanchezza, la voglia di andarsene da quel posto il più presto possibile e forse un briciolo di coscienza che già si era convertito all'idea che non ce l'avrebbe mai fatta.
Mi chiesi cosa stavo facendo, sarei dovuto tornare a casa di corsa a provare i pick up nuovi di Susy, la mia chitarra. E invece..guardai il cartellino della cameriera, un cartellino bianco con una scritta nera un pò sfocata che era attaccato al grembiule. Isabel. Mi sembrava un volto familiare, ma non riuscivo a ricordarmi perchè. Le chiesi qualcosa, probabilmente se non l'avevo già vista prima. Non mi ricordo la sua risposta e non mi ricordo come venne fuori ma subito dopo la conversazione sapevo di essere dall'altra parte della città, vicino all'ospedale tra l'altro. Come era possibile? Anche se avevo guidato sovrappensiero, facevo la stessa strada per tornare a casa da più di dieci anni, e poi, quando mi ero fermato, come avevo fatto a non rendermi conto? Scolai il mio whisky e mi venne l'illuminazione. Mi guardai intorno, Isabel stava spolverando i tavoli e gli altri clienti non mi badavano, feci un rapido calcolo, lasciai una cosistente mancia, oltre al dovuto, e uscì intascandomi il bicchiere.
Poco tempo dopo ero qua dove sono ora, con il bicchiere per terra, Susy a tracolla e una strana sensazione. feci un sospiro, diedi due pacche al bordo di palissandro di Susy e attaccai il mio repertorio. Rimasi lì fino a dopo che se n'era andato il sole, suonando Albert King, Bo Diddley, Buddy Collins, Howlin' Wolf, Steve Ray Vaughn, Blind Lemon Jefferson, B.B.King, Muddy Waters, Johnny Winter, Robert Johnson e infine il mio preferito, John Lee Hooker, senza alzare mai gli occhi da terra, con foga e passione, animo, groove e tristezza.
Ormai non uso più quel bicchiere ma continuo lo stesso a fare quello che feci quella notte.
Da tre anni, appena staccato di lavorare, vengo qui davanti e suono blues fino a quando non tramonta il sole, suono solo canzoni mie adesso, canzoni inventate lì per lì, per confortare me stesso, chi entra e chi esce.
E come quel primo giorno, da tre anni, io, Donald Kane, a fine giornata, due volte alla settimana, raccolgo tutte le monete che ho guadagnato in quei giorni, vado dal fioraio accanto all'entrata, compro tutti fiori bianchi che posso comprare e una rosa rossa; Faccio in modo che ci sia sempre almeno un fiore bianco fresco per ogni stanza dell'ospedale. E ogni sera, prima di avviarmi verso casa, mi giro, poso la rosa alla base della quercia di fronte alla quale canto e do la buonanotte ad Anna.

Monday 25 August 2008

tanti modi diversi di essere patetici

Mi commuovo a leggere una cosa di mia madre. Si può riacquistare l'innocenza, magari involontariamente? Non tanto quella perduta, ma della nuova, senza accorgersene ci si sente diversi un pomeriggio o una sera e...che cazzata.
Quest'acqua sa di cane bagnato, quell'odore diventa un sapore che ti scivola giù in gola lasciando una scia che rimane attaccata al tuo esofago e fa naufragare la tua mente in immagini di tubature poco pulite, di video didattici che ti insegnano i passi da fare(la danza macumba!) per evitare la salmonella e di laghi alpini, pieni di pesci che si trovano solo là, le rocce intorno e questo strano odore di cloro, le stelle nel cielo, anche se è mattino presto, attaccate su questo sfondo celeste come se fosse un quaderno delle elementari, un grosso zaino a tracolla e la pateticità cattolica che ti segue e ti guida sotto forma di un gruppo di sedici persone.
Non so se la amo proprio ma corteggio spesso la solitudine, mi piace e mi piace giocarci insieme, la solitudine mi tiene compania, ci sto così bene che vorrei condividerla con altri ma questo è, e se non è, diventa, impossibile.
il tempo diviene così lontano a volte; se ne va via per lavoro e ti lascia fermo nel salottino, ad aspettare con lo sguardo appeso alla cornetta, vestito come una domestica degli anni 60, scarpettine, calze a rete e grembiulino bianco a quadrati rossi e pizzi vari, quel telefono grigio appoggiato al tavolino di mogano con solo un ricamo di stoffa a tenerlo distaccato dalla superficie, mentre ti agiti, ti mordi le unghie, strofini per l'ennesima volta tutte le cose che hai strofinato un minuto fa, non ti allontani dalla stanza, aspetti e pensi con chi ti sta tradendo, immaginandotelo sull'aereo, mentre parla alle hostess e poi alla conferenza e un attimo dopo che bussa a quella casa, che si sistema la cravatta guardandosi a destra e a sinistra, e, appena la porta si apre, stringe e bacia quell'amante segreta che non solo è più bella di te ma che, in un faccia a faccia, distruggerebbe la tua integrità e umilierebbe te e il tuo tempo ringraziando la tua timidezza e gentilezza.
(lo sai ma devi far finta di niente, negare. E ogni volta che accenni e fai una battuta lui ti giura e spergiura che non è vero. Lo odi in quei momenti, sai che lo fa per non farti sospettare ma è come se non capisse in che modo peggiora la situazione ogni volta, perchè quando non potrai più far finta di niente, quel giorno tutte le scuse che ti ha detto, anche quelle dimenticate e sepolte, anche quelle sincere, si alzeranno e si metteranno in fila, marciando e formando una piramide che lo ricoprirà totalmente, portandotelo via, lontano. Lui proverà ad aggrapparsi alle tue lacrime per ritornare dentro casa, per tornare indietro; Ma sai che sarà tutto inutile, lo farai scivolare via. Via con quella sua aria innocente e spettinata, gli occhialini a rettangolo e la barba appena fatta, con il colletto aperto e i capelli arruffati. Chiuderai la porta dietro di te e ti sentirai morire, perchè sai bene che senza tempo, sia che ti molli lui o che lo scacci tu, si muore.)
Mi è sempre piaciuta di più la parte noiosa e meno quella divertente in un corteggiamento, e forse è per questo che incasino tutto, per prolungare la parte noiosa ed evitare quella divertente. Per non finire a cercar di far diventare quella divertente noiosa con vecchi metodi che a me sembrano unici ma che mi rendono cristallicamente solo un perdente.
Sono contento così, anche se non reggerei un giorno in verità, così non ho nessuno con cui finire. E riesco ad essere soddisfatto se sto zitto prima che la persona interessata finisca la frase che mi ordina di farlo.
Niente c'è di più buono che un buon pasto di musica, grosse pentole in cui miscelare menzogne, fantasie e possibili finali diversi, restando basiti a guardare i riflessi che producono sulla parete di fronte. Un caleidoscopio di diversi colori e intensità, con il fascino di una trottola colorata per un bambino degli anni della guerra che gira e danza di fronte a te, mentre il tempo, dall'altra parte dello stato, ti mette le corna.